Cari amici di Agreen, oggi vogliamo parlare di bio stimolanti di nuova generazione a basso impatto ambientale che si stanno diffondendo rapidamente e che oggi rappresentano un mercato da 2,5 miliardi di euro.
Interessante l’articolo a firma di Alessio Romeo pubblicato sul “ilsole24ore.com” che così descrive e analizza il fenomeno.
Tra gli obiettivi del nuovo patto verde pensato per rilanciare l’Europa, oltre al dimezzamento dei fitofarmaci è previsto un taglio del 20% anche all’uso dei fertilizzanti in agricoltura. Che rappresentano la terza grande macroarea dell’agribusiness, dopo la genetica (la ricerca sulle sementi), la protezione delle colture (gli agrofarmaci) e prima dei mezzi tecnici (le attrezzature fisiche, dai trattori ai droni). Un’area dove l’Italia è già all’avanguardia, sia nell’uso sostenibile in campo che nella produzione di fertilizzanti speciali e dei cosiddetti biostimolanti, i fertilizzanti naturali di nuova generazione che si differenziano da quelli tradizionali, minerali e non solubili, proprio per il minor impatto ambientale. Attraverso la combinazione di sostanze organiche, proteine idrolizzate e aminoacidi, i biostimolanti migliorano la crescita delle colture senza il ricorso alla chimica.
Accanto ai colossi dell’agrochimica, che monopolizzano oltre due terzi del mercato mondiale, operano alcune (relativamente) piccole multinazionali italiane che fanno proprio della nutrizione innovativa, che mira a ridurre gli input produttivi in agricoltura, il loro punto di forza. Un settore in forte crescita – legato all’agricoltura biologica ma non solo – che già da qualche anno si sta affacciando sul mercato come alternativa ai fertilizzanti tradizionali, basati su prodotti di sintesi, che si combina con la nuova frontiera dell’agricoltura di precisione che consente di avere dati aggiornati per intervenire sulle colture solo quando serve.
Il mercato italiano
A livello globale il valore del mercato dei biostimolanti è stimato in 2,5 miliardi di euro con una crescita attesa a oltre 5 nel prossimo quinquennio. In Europa la dimensione del mercato è di circa 800 milioni, di cui 200 in Italia, con un tasso di crescita superiore al 10% annuo, che ora potrebbe beneficiare del nuovo indirizzo delle politiche ambientali dell’Unione. «In Italia esiste già un contesto produttivo di eccellenza. La professionalità delle aziende agricole è migliorata: sono diminuite in termini numerici ma sono rimaste e si sono rafforzate quelle più strutturate e il livello qualitativo si è ulteriormente alzato», sottolinea Leonardo Valenti, amministratore delegato di Biolchim, azienda fondata nel 1972 a Medicina, nel Bolognese, e divenuto negli ultimi anni uno dei maggiori gruppi industriali nel settore dei fertilizzanti speciali e dei biostimolanti con una quota del 4% del mercato mondiale, 120 milioni di fatturato e 8 stabilimenti produttivi di cui 4 all’estero.
«La nutrizione innovativa – spiega – mira a ridurre gli input, dal consumo di fertilizzanti tradizionali all’uso dell’acqua. È un settore in forte crescita soprattutto con il biocontrollo, che si realizza con prodotti a base di microorganismi utili, senza usare molecole di sintesi, e rappresenta un’alternativa ai fertilizzanti tradizionali. È quello che viene chiamato il tea spoon, il cucchiaino da tè, dare alla pianta solo quello di cui ha bisogno e quando ne ha bisogno». Soluzioni, sottolinea, che non sono in contrasto con la sfida globale di aumentare la produzione di cibo, mentre le nuove strategie europee che prevedono una drastica riduzione della chimica in agricoltura mettono in allarme il mondo produttivo.
«Ogni programma – dice ancora Valenti – ha bisogno di obiettivi ambiziosi e dei suoi slogan, ma il cambiamento climatico è una realtà con cui le imprese agricole fanno già i conti. Ci sono siccità o piogge torrenziali dove non si erano mai viste. Gli stress ambientali fanno più danni delle malattie delle piante. Aziende come la nostra sono cresciute anche con prodotti che cercano di salvaguardare la produzione da questi stress con un uso responsabile della chimica. Serve però diffondere una maggiore conoscenza scientifica: spesso finiscono sotto accusa sostanze non dannose mentre altre che usiamo regolarmente sono terribilmente pericolose».
Il gruppo non commercializza prodotti a base di glifosato. «È un prodotto che non abbiamo – conferma Valenti – ma il discorso dei dosaggi e delle modalità di impiego vale per tutti i prodotti, anche l’acqua se è usata male ti fa affogare. Oggi però pensare di produrre colture estensive senza glifosato è una sfida, bisognerà trovare soluzioni alternative, non solo al glifosato ma a tutte le sostanze potenzialmente nocive per ambiente e consumatori. Questa è la sfida del futuro: mantenere la produttività riducendo gli input».